dodici anni or sono sono stato sottoposto ad un intervento di ernia inguinale destra. Il decorso post operatorio non ha presentato problemi (ad eccezione di un gonfiore addominale dopo alcuni giorni dall'intervento e di un gonfiore al testicolo dello stesso lato, scomparsi poi in breve periodo).
Ora mi e' stata diagnosticata una ricaduta. Il mio medico curante ed il chirurgo interpellato mi hanno suggerito di ripetere l'intervento.
Non mi ricordo quale tecnica fosse stata usata a quel tempo (penso la tecnica secondo Trabucco).
Ora la decisione dell'intervento e' legata ad alcune problematiche che potrebbero emergere durante l'intervento stesso: mi riferisco ad eventuali aderenze che potrebbero rendere piu' complesso l'intervento stesso, in particolare il rischio di produrre una lacerazione dei vasi interessanti l'irrorazione testicolare o altro (con il successivo effetto di una atrofia testicolare), durante la fase di scollamento.
Pur riconoscendo un rischio inevitabile nell'intervento, desidererei sapere se esistono tecniche chirurgiche o microchirurgiche in grado di ridurre al minimo il rischio di atrofia testicolare e di lesione ad altri organi.
E' possibile inoltre essere sottoposti all'intervento in anestesia totale? Il primo intervento mi e' stato fatto in anestesia totale e dopo tre ore sono stato mandato a casa.
Dipende dall'esperienza del chirurgo. Certo se è stata messa una rete per via anteriore i minori rischi si hanno passando per via posteriore (laparoscopia o Kugel Hernia Patch), ma anche la via anteriore a seconda delle dimensioni e della sede della recidiva. In ogni caso i rischi nel trattamento di una recidiva sono sicuramente superiori ad un intervento su un'ernia primitiva, sia in termini di ri-recidiva che di complicanze testicolari e nervose. Dovrà affidarsi all'esperienza del suo chirurgo che saprà indicare la tecnica migliore che si adatta al suo caso
Da profano come sono nel settore, come posso valutare l'esperienza del chirurgo? Mi potrebbe dare un suggerimento?
Infatti tutti parlano di intervento senza problemi e poi questi esistono.
Nello specifico caso la tecnica "Kugel Hernia Patch" e' quella a minor rischio?
E' opportuno rivolgersi ad un "day surgery" o seguire l'iter di un normale intervento?
Esistono dei metodi diagnostici (ecografia parete addominale o altro) onde poter valutare realisticamente il rischio dell'intervento, prima di subire una grave mutilazione?
Desidero aggiungere che qualche volta si manifesta un dolore al basso ventre apparentemente non correlato alla zona dell'ernia inguinale, accompagnato da un gonfiore dell'addome. Il dolore e' saltuario, compare anche se non ho mangiato. Dura qualche ora e poi scompare, insieme al gonfiore; alcune volte ho fatto ricorso ad una compressa di Buscopan. Vorrei sapere se esiste una correlazione tra questa sintomatologia (le assicuro spiacevole) e l'ernia inguinale. I dottori interpellati non mi hanno saputo dare una risposta. I normali farmaci contro il gonfiore intestinale non hanno effetto. Non sono affetto da stitichezza.
L'esperienza del chirurgo si valuta dal numero di interventi che ha eseguito. Non c'è una tecnica a minor rischio, tutte hanno vantaggi e svantaggi, che in mani esperte vengono minimizzati. E' indifferente la modalità di ricovero, quel che conta è l'intervento. L'ecografia non valuta i rischi, solo la presenza dell'ernia o meno. Per il gonfiore non saprei a distanza cosa dirle. Può dipendere dall'ernia o da colite o da altre cause, che solo il medico dopo una visita potrà individuare.
Sempre riferendomi ai rischi connessi ad un intervento di ernioplastica recidiva (in particolare: nuove recidive, atrofia testicolare), ho letto di una tecnica coisidetta "behind approach", come descritta sul sito: http://www.hernia.org/recurrent.html
"Our operation is performed via an incision higher than the previous one(s) and the hernia itself is approached from behind the weakness in the abdominal muscles. There is, therefore, no need to cut through scar tissue and the described risks to the testis do not apply. .....
Desidererei avere la sua opinione e sapere se tale tecnica viene presa in considerazione ed attuata anche in Italia.
Questo approccio è quello del Kugel Hernia Patch, o della tecnica di Wantz o di qualsiasi tecnica preperitoneale con accesso anteriore. Valgono le cose che ho detto prima.
La ringrazio per la risposta. Tuttavia sul sito inglese e' riportato (ammesso che tutto quanto scritto sia vero) che la tecnica con approccio "behind" evita il rischio di atrofia testicolare. Mi sembra invece di aver letto che la tecnica "Kugel Hernia Patch" (approccio anteriore) puo' causare questo inconveniente.
No la tecnica di Kugel, come tutte le tecniche preperitoneali, riduce quasi a zero le complicanze testicolari, ma non le azzera completamente e specialmente in caso di ernia recidiva su rete sfido qualsiasi chirurgo a dire che non ci saranno sicuramente complicazioni funicolari. Lo stesso Kugel mi ha detto che l'ernia recidiva è sempre più rischiosa. Tuttavia le percentuali di complicazioni sono decisamente più basse nelle tecniche posteriori, Kugel compresa ovviamente.
Allora l'approccio migliore all'intervento quale e'? Scegliere il chirurgo specializzato in una procedura o rivolgersi ad un chirurgo che usi quella tecnica piu' idonea alla situazione come si presentera' all'apertura?
Si deve firmare un consenso che pone il paziente in un vicolo da cui si puo' uscire menomati, senza possibilita' di appello.
Deve affidarsi ad un chirurgo di sua fiducia. La scelta dell'approccio va fatta prima di iniziare l'intervento e se un chirurgo è esperto in una tecnica userà quella che gli riesce meglio e che nella sua esperienza gli dà i migliori risultati. Il consenso dipende da lei e dal fastidio che sente, non è obbligato a farsi operare, ma se è necessario non c'è consenso che tenga: il rischio di una menomazione, contro il mantenere la situazione attuale. Come per tutti gli interventi in genere.
Lei parla di "chirurgo di fiducia": forse in base alla notorieta', ma poi non e' sempre detto che valga in ogni occasione. Dipende anche dal rapporto che si instaura tra chirurgo - paziente.
La prima volta che ho fatto l'intervento mi trovavo in USA, solo, sono andato da un chirurgo consigliato dal Pronto Soccorso, ho ricevuto un libretto illustrativo e dopo tre giorni sono stato operato in anestesia totale. Tre ore dopo l'intervento su un taxi sono ritornato al Motel. Durante la giornata sono stato contattato dal medico di guardia e tutto si e' risolto. Ho riportato in un precedente messaggio alcuni inconvenienti poi risolti. Io ho affrontato dei rischi, ma anche il chirurgo ha affrontato dei rischi. La partita si gioca in due. E ho speso 4000 dollari (tutto incluso).
Io sono disposto a firmare qualsiasi liberatoria, pero' la liberatoria non deve essere a vantaggio esclusivo del chirurgo.
Quello che le è successo negli USA succede continuamente anche da noi. A pagamento può essere operato da un giorno all'altro, ed è l'unica differenza dal trattamento in regime di SSN, perchè le modalità di ricovero, l'anestesia, l'intervento e il trattamento postoperatorio sono gli stessi, nella maggior parte dei centri. La liberatoria non è una liberatoria, è semplicemente una dichiarazione che è stato informato dei rischi connessi al trattamento e che accetta di correre quei rischi. Non è a vantaggio del chirurgo, nè a suo vantaggio. E' semplicemente una dichiarazione di avvenuta informazione. Sarà poi lei a decidere se essere operato o meno, dato che la situazione non riveste caratteri di urgenza o di pericolo di vita. Nessuno la obbliga ad operarsi e se decide di farlo viene informato dei rischi connessi. Ma la decisione in questo caso è soltanto sua. Il chirurgo si limita ad offrire la propria esperienza e la propria opera per cercare di risolvere il suo problema, ma non potrà mai assicurare che non ci saranno complicazioni. Ovviamente le complicazioni accettabili sono quelle contemplate dalla letteratura internazionale, per cui alcune sono considerate fortemente improbabili e quindi inaccetabili (vedi decesso).
Firmero' sicuramente la dichiarazione che e' prevista prima dell'intervento.
Avrei gradito pero' che nelle due visite fatte per lo meno un chirurgo mi avesse detto: guardi io so applicare bene una tecnica, ma nel suo caso forse sarebbe meglio un differente approccio, per ridurre il rischio. Non si puo' dire ad un uomo di 40 anni : ti opero di ernia con la tecnica "Pinco" che conosco e poi se avrai il testicolo danneggiato pazienza. Ma questo e' un discorso inaccettabile.
ti opero di ernia con la tecnica "Pinco" che conosco e poi se avrai il testicolo danneggiato pazienza. Ma questo e' un discorso inaccettabile.
Però è quello che anche gli altri chirurghi potranno dire, aggiungendo però che la tecnica "Pinco" ha risultati sovrapponibili alle altre e il rischio di danni al testicolo è lo stesso delle altre, o quanto meno i rischi in genere sono sovrapponibili. Il rischio in un'ernia recidiva su rete approcciandola per via posteriore è anche quello di avere aderenze intestinale alla pregressa rete e nello scollamento di queste si può produrre una lesione intestinale con conseguente fistola o perforazione: è un rischio anche questo e va valutato nella scelta della tecnica. E' meglio rischiare l'atrofia del testicolo o una perforazione intestinale?
Io penso che il chirurgo offra la miglior tecnica possibile per quel particolare caso e se la sa applicare la applica se no se la tecnica che sa fare non è indicata per quel caso manda ad altri. Almeno così faccio io, se l'indicazione principe di un trattamento è la riparazione laparoscopica dell'ernia inguinale preferisco che la faccia chi ne fa 100 l'anno piuttosto che chi ne fa 1 o 2. Ma se la tecnica che uso dà risultati sovrapponibili alle altre tecniche allora posso in piena coscienza proporla.